Ancora ci si stupisce, ancora alcuni giornali agitano scandali e altri giornali nascondono oppure delirano di complotti della magistratura (!), ancora si aspettano indagini, processi, sentenze. Come se non fosse evidente a chiunque sappia guardare con un minimo di oggettività i fatti e la condizione dell’Italia che essa ha superato il modello colombiano, che ormai da decenni è in mano a organizzazioni criminali di ogni genere: Logge massoniche i cui programmi sono diventati azione di governo; affiliati di Cosa Nostra che hanno fondato partiti che vincono le elezioni; Camorre che amministrano intere regioni; cittadini complici dei banditi e dei magnaccia che eleggono negli enti locali, succubi dello strapotere di ladri che allignano in ogni ambito della vita sociale (sanità, pubblica amministrazione, scuole, università…).
Un intero popolo ridotto a Lumpenproletariat, a proletariato straccione di nuovi ricchi xenofobi e ignoranti al Nord, di miserabili che al Sud si vendono «per dieci chili di pasta o per la scarpa sinistra o per un posto di lavoro o per l’acqua» (come scrive Giusy Randazzo), di cattolici pronti a sostenere un sardanapalo crapulone pur di ottenere privilegi finanziari e “morali”, di raccomandati ovunque. Gli anarchici sanno da sempre che lo stato è criminale, che la lotta non è tra il bene delle istituzioni e il male delle organizzazioni malavitose ma si combatte tra gli uomini liberi e i malviventi che stanno dappertutto.
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4 commenti
agbiuso
Venezia, TAV, Expo. È la conferma che -al di là dei singoli- lo Stato è una banda criminale.
Gesualdo Gustavo
Istigazione a delinquere di stato: lo stato criminale e criminogeno
Può uno stato di diritto scendere a patti con quelle parti sociali ed economiche definibili come l’anti-stato mafioso senza incarnare un comportamento favorevole alla difesa e alla tutela delle organizzazioni mafiose?
Può uno stato di diritto subire e tollerare una evasione fiscale stimata in duecento miliardi di euro annui senza incarnare un comportamento traditore della tutela dei diritti e della difesa degli interessi del popolo sovrano e della cittadinanza tutta?
Può uno stato di diritto consentire alla propria struttura politica, burocratica ed amministrativa di arricchirsi illegalmente ed illecitamente di una corruzione valutata in quaranta miliardi annui senza che nessun politico, nessun burocrate e nessun amministrativo abbia mai denunziato un proprio collega per i reati di corruzione ed abuso di ufficio?
Può uno stato di diritto accettare e acconsentire che un sette volte Presidente del Consiglio dei ministri; otto volte ministro della Difesa; cinque volte ministro degli Esteri; tre volte ministro delle Partecipazioni Statali; due volte ministro delle Finanze, del Bilancio e dell’Industria; una volta ministro del Tesoro, dell’Interno, dei Beni Culturali e ministro delle Politiche Comunitarie, può accettare uno stato democratico che un tale senatore a vita giudicato dalla Corte d’Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, accusato di “concreta collaborazione” con esponenti di spicco di Cosa Nostra possa essere prosciolto da tali gravissime accuse con un “non doversi procedere” a causa della (voluta, ricercata, ed infine, trovata) sopravvenuta prescrizione del reato sebbene si sia riconosciuta ed accertata la sua partecipazione in Cosa Nostra ed il favoreggiamento verso le attività illecite da essa svolte almeno fino alla primavera del 1980 senza che un tale stato si sia macchiato di alto tradimento del popolo sovrano e della giustizia?
Può uno stato di diritto produrre (volutamente) un disservizio impossibile nell’amministrazione della giustizia che favorisce certamente i cittadini con enormi possibilità economiche e finanziarie e si dimostra invece avversa nei confronti della difesa delle ragioni dei cittadini in condizioni economiche e finanziarie più deboli?
Può uno stato di diritto gravare ingiustamente per decenni di tassazioni e di imposizioni fiscali i settori più deboli dei lavoratori dipendenti e dei pensionati anziché distribuire equamente e proporzionalmente il peso dei costi dello stato pubblico?
Può infine, alla luce di queste ed altre immense ingiustizie sociali, uno stato di diritto definirsi tale, ovvero sarebbe meglio denudare il re e definire la repubblica italiana come la più colossale truffa ai danni di un popolo che sia mai esistita nell’intero pianeta?
Può allora, tutta questa merda restare impunita?
Può insomma questo continuo condono, può questa continua amnistia, può questo continuo indulto verso i comportamenti socialmente pericolosi su esposti ed altri e molti ancora essere definito come una infinita, continuata ed aggravata istigazione a delinquere da parte dello stato italiano, già definito come uno stato criminale, ovvero uno stato addirittura criminogeno?
Gustavo Gesualdo
alias
Il Cittadino X
Biuso
In un’intervista al Fatto quotidiano, il procuratore generale di Caltanissetta Roberto Scarpinato afferma che “la questione criminale in Italia è inestricabilmente intrecciata con la storia nazionale e con la questione stessa dello Stato e della democrazia”. Appunto.
Alberto G. Biuso » Sprofonda
[…] con sconcerto, è evidente da decenni a chi abbia occhi e mente. Ripetiamo non soltanto che il potere è ovunque il risultato della natura perversa dell’umano ma che da vent’anni l’Italia è in mano a soggetti le cui fortune cominciarono con i […]