Ai Greci non si “ritorna”, i Greci ci stanno davanti e vivendo da europei è verso di loro che andiamo. Alla Grecia antica dobbiamo la ricerca del senso (filosofia), la misura nel pensare e nell’agire, il coraggio dell’orrore, l’amore per la bellezza, lo sguardo disincantato ma anche amante sulla vita, la differenza, la molteplicità.
Nel mondo omerico come nella metafisica di Aristotele, nelle filosofie arcaiche come in quelle ellenistiche, «il n’ya pas dans le monde grec de revendication d’une vérité absolue et encore moins d’intention d’imposer cette vérité à d’autres» (G. Rachet in Les Grecs?, num. 23 di «Krisis», Paris 2000, p. 35). Il gusto per la differenza emerge specialmente nella concezione greca del divino. Nessun dio geloso, nessuna divinità esclusiva ma la più ampia apertura a una molteplicità di dèi, di culti, di concezioni e di riti. È quindi errato rappresentare la Grecia come un insieme monolitico. Essa è, invece, l’opposto di quella «reduction à l’Unique qui parcourt toute la civilisation chrétienne comme l’expression de sa nature propre» (Ivi, p. 39).
Louis Rougier scrive che «il n’y a pas de sagesse antique plus opposée, plus incompatible avec le christianisme et les deux autres grandes religions méditerranéennes, le judaïsme et l’islamisme, que la Metaphysique du Lycée. Le péripatétisme nie la création, la providence, l’immortalité de l’âme, les sanction d’outre-tombe et, logiquement, le libre arbitre, il rejette comme impensables, contradictoires et absurdes, les dogmes de la Trinité et de l’Incarnation» (Ivi, p. 147). Sembra quasi di sentire gli stessi argomenti e accenti coi quali Friedrich Nietzsche comunica a Franz Overbeck il proprio incontro con Spinoza: «egli nega la libertà del volere-; i fini-; l’ordine morale del mondo-; l’altruismo-; il male» (Epistolario, vol. IV, 1880-1884, Adelphi 2004, p. 106, lettera del 30.7.1881).
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