Una povera dittatura provinciale. Questo fu il Portogallo di Salazar per alcuni decenni. Un Paese clericale in mano a un primo ministro con pieni poteri, in perenne recessione economica, isolato dall’Europa, nel quale l’esercito controllava le strade. Un Paese con aspirazioni ancora coloniali ma piccino piccino. Nato nel 1922, Josè Saramago conobbe bene tale regime e vi si oppose. È forse anche per questo che ha descritto l’infamia italiana con parole terribili, tra le quali: «Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un conato di vomito profondo non riuscirà a strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrompere le loro vene e per squassare il cuore di una delle più ricche culture europee. (…) Non c’è chi non sappia in Italia e nel mondo intero che la cosa Berlusconi da molto tempo è caduta nella più completa abiezione».
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7 commenti
biagio guastella
La morte di Saramago mi ha colpito, non in sé (la morte è l’unica cosa certa nella vita come recita un detto siciliano) ma per il becero vocio vaticano che eccheggia nelle colonne dell’osservatore romano. Amareggiato per la mancanza di rispetto, all’indomani della scomparsa di una persona che innanzitutto merita rispetto! E mi fa specie che i propugnatori della famosa “pietas”, gli ambascatori del “perdono” per antonomasia, si comportino così nei confronti di un lucido e grande personaggio del ‘900. Forse è il segno più potente della paura che nutrivano e nutrono per uomini del genere.
Apprezzo e mi affascina Saramago per tante ragioni: le origini umili e la vita difficile, il pensiero politico, il coraggio di propugnare le proprie idee anche in condizioni “difficili”, la forza di sdradicarsi dalla sua terra (una terra che, probabilmente, non meritò, in quel periodo storico, uno come Saramago). Condivido la sua posizione sul conflitto israelo-palestinese. Amo il suo modo di scrivere, cantore di “uomini”, non eroi, con difetti e debolezze della quotidianità evidenziate con intelligente ironia, artifici retorico letterari degni di un grande.
Non mi aspettavo encomi, certo, ma rispetto si! Per un uomo che se ne va. Mi sarei aspettato, dagli affaristi vaticani, moralisti puttanieri di professione oramai, un omaggio alla memoria di un rivale onesto!
agbiuso
Saramago è morto oggi.
Nel suo ultimo romanzo ha definito Jahvé “vendicativo, rancoroso, cattivo, indegno di fiducia”. Chiunque legga l’antico testamento senza pregiudizi sa che si tratta del racconto di ciò che gli gnostici definiscono “il funesto demiurgo”, la divinità inferiore che ha plasmato questo mondo di dolore.
Un mondo in cui possono apparire creature orribili, come -appunto- quella “cosa” che non morirà, potrà soltanto rompersi.
Dario Generali
Caro Alberto,
la censura esercitata sulle opere di Saramago non attraverso il classico
controllo politico della stampa tipico delle dittature novecentesche, ma per
mezzo della proprietà stessa delle case editrici e, quindi, con una
decisione editoriale interna assunta da funzionari stipendiati direttamente
dal tiranno, è una delle immagini emblematiche che caratterizza il regime
berlusconiano.
E’ indubbio che le società occidentali sono cambiate e sono molto più ricche
e sofisticate nei loro equilibri di quelle del secolo scorso. La potenza e
la capillarità dei mezzi di comunicazione di massa, il potere economico del
tiranno e la sua proprietà diretta dei mass-media, l’atomizzazione dei
modelli sociali e l’imporsi di punti di vista individualistici e
consumistici, la tradizionale attrazione di molti italiani per forme di
governo autoritarie e cialtronesche, hanno consegnato il paese, in modo
apparentemente indolore e democratico, a un regime odioso, ma non
evidentemente violento, sostenuto, come lo stesso Berlusconi ha
sottolineato, da manipoli di veline e non di manganellatori.
L’ambiguità e l’ipocrisia della situazione, ereditata dalla sciagurata
stagione craxiana, che ha fatto da battistrada al potere personale di
Berlusconi, rendono la situazione attuale assai pericolosa, anche in quanto
difficilmente avvertibile, a livello di massa, nella sua gravità. Ben
vengano quindi gli interventi esterni che denuncino lo stato di regime del
nostro paese e che evitino il totale assopimento del paese, drogato dal
marketing politico berlusconiano.
Un caro saluto.
Dario
Alberto G. Biuso
Drammatico e realistico l’editoriale odierno di Ezio Mauro su Repubblica:
Il Cavaliere e il suo fantasma.
Alberto G. Biuso
Ringrazio real gone e cristina per il link e per i loro commenti.
Su girodivite ho pubblicato una breve nota a proposito di un altro aspetto della indecenza. Si intitola Ricardo Izecson dos Santos Leite ed è rivolta in particolare ai miei amici e lettori…milanisti.
cristina
Grazie per il link alla pagina del corriere .
leggo il commento di Saramago: «Dev’ essere duro vivere quando il potere politico e quello imprenditoriale si riuniscono. Non invidio la sorte degli italiani, però infine è nella volontà degli elettori mantenere questo stato di cose o cambiarlo».
Si è visto proprio di recente quanto sia nella volontà degli italiani occuparsi della propria coscienza…
un saluto dalla VERDE …Bergamo.
real_gone
Proprio a causa di parole simili a queste per gravità la Einaudi, controllata da Mondadori, si è rifiutata di pubblicare l’ultima opera di Saramago, una raccolta di pezzi politici e non tratti dal blog dello scrittore.