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Libertà di espressione

Libertà di espressione

Il 7 gennaio ho scritto di getto a proposito del massacro di Charlie Hebdo poiché quel giorno è stata colpita nel modo più violento e ripugnante la libertà di parola, anche la libertà di bestemmiare. Cosa che la rivista parigina fa costantemente contro i simboli ebraici, cristiani, islamici. Penso infatti che l’essere umano sia tempo e linguaggio, che Homo sapiens sia un animale simbolico e che dunque la libertà di esprimere ciò che pensa –qualunque cosa pensi– sia una funzione intrinseca al suo essere. Spinoza ha argomentato con grande chiarezza che agli individui si può proibire di parlare ma non di pensare (o almeno per fortuna non ancora) e che dunque il risultato di ogni censura è l’ipocrisia collettiva. Secoli di storia del potere, degli Stati moderni, delle Inquisizioni lo dimostrano. E quindi si debbono eventualmente perseguire le azioni e mai le parole in modo che le controversie dottrinali non si trasformino in scatenata violenza: «& quod ad seditiones attinet, quæ specie religionis concitantur, eæ profecto inde tantum oriuntur, quod leges de rebus speculativis conduntur, & quod opiniones tanquam scelera pro crimine habentur, & damnantur; quarum defensores et asseclæ non publicæe saluti, sed odio ac sævitiæ adversariorum tantum immolantur. Quod si ex jure imperii non nisi facta arguerentur, & dicta impune essent, nulla juris specie similes seditiones ornari possent, nec controversiæ in seditiones verterentur» (Tractatus theologico-politicus, Præfatio, § 7).
Pertanto io credo che la libertà di espressione non debba avere alcun limite, poiché appena si cominciano a porre dei confini, rischia di essere prima o poi cancellata. Contro ogni atteggiamento autoritario travestito da garanzia collettiva, penso che tale libertà debba essere garantita a qualunque idea, anche a quella che -secondo i criteri di una determinata società- appare la più ‘aberrante’: che sia l’eliocentrismo per la comunità scientifica antica, il cristianesimo per i politeisti, il politeismo per i cristiani, l’ateismo per il medioevo (e oltre), la blasfemia per le società musulmane, il nazionalsocialismo per le società democratiche, lo stalinismo per la società nordamericana, il fondamentalismo islamico e il razzismo per le società politicamente corrette.
Chi si dovesse sentire personalmente insultato da qualcuno, può ricorrere ai tribunali imputando di diffamazione chi lo ha attaccato. Ma chiedere che i tribunali condannino ciò che viene detto o scritto sui princîpi che per l’uno o l’altro sono indubitabili, fondamentali, venerabili, oppure che -peggio- delle leggi proibiscano preventivamente la formulazione di idee, concetti e anche pregiudizi significa che si è falsamente libertari, significa che si vuole la libertà di parola per le parole con le quali concordiamo. Rosa Luxemburg ha ben detto che «Freiheit ist immer nur Freiheit des anders Denkenden [la libertà è sempre solo la libertà di chi la pensa diversamente]» (Zur russischen Revolution, IV).
La libertà di espressione non si deve fermare davanti a nessun principio, nessun dogma politico-culturale, nessun libro ‘rivelato’. Se sembrava ovvio che nessuno dovesse venir inquisito o ucciso per le sue bestemmie, ora ci accorgiamo di avere ancora bisogno dell’illuminismo e della sua dimensione radicale, eversiva dell’ordine della parole.
Attenderei inutilmente la solidarietà del Foglio o della Lega Nord con chi dovesse disegnare la Madonna come una prostituta. E temo che attenderei altrettanto vanamente la solidarietà dei ‘democratici’ (per autodefinizione) nei confronti dei negazionisti dello sterminio ebraico. E infatti ora molti esponenti della destra cominciano a capire che Charlie Hebdo bestemmia pure la trinità -e prendono quindi le distanze-, molti esponenti della sinistra cominciano a capire che Charlie Hebdo è un po’ razzista -e prendono quindi le distanze. E nell’orgia dello ‘scontro di civiltà’ il potere si va appropriando per i propri scopi dell’azione  di un gruppo di fanatici «sottomessi» al Profeta: capitali militarizzate, richiesta di leggi speciali, moltiplicazione dei controlli, estendersi delle censure. Al di là della retorica spettacolare del Je sui Charlie il massacro contro Charlie Hebdo rischia di trasformarsi in un’ulteriore occasione per «sorvegliare e punire».

56 commenti

  • Lampadine fulminate - agb

    Agosto 3, 2024

    […] mascherato da Giochi Olimpici. Ho infatti sempre spinozianamente sostenuto il diritto di assoluta libertà di espressione da parte di chiunque e su qualsiasi tema. Tale libertà deve dunque valere per tutti: per Jolly che prende in giro la fede cristiana o […]

  • agbiuso

    Settembre 23, 2016

    Si introduce in Europa la sharia sotto il pretesto della “diffamazione dell’Islam”.
    È inaccettabile. Tutte le religioni sono criticabili.

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    Défendez le droit de critiquer l’islam en Europe

    En Autriche, une conférencière a été condamnée pour avoir mis en cause publiquement les mœurs de Mahomet. Les juges autrichiens ont sacrifié la liberté d’expression à l’interdiction du « blasphème », pour protéger la « sensibilité religieuse » des fidèles musulmans et « la paix religieuse ». Cela revient à appliquer la sharia ! L’affaire est à présent devant la Cour européenne des droits de l’homme (CEDH), à Strasbourg.

    L’ECLJ intervient dans cette affaire pour défendre la liberté d’expression en matière religieuse. Signez cette pétition pour vous associer au mémoire remis par l’ECLJ à la CEDH et soutenir ainsi la liberté d’expression.

    La conférencière qui a saisi la Cour de Strasbourg en souhaitant conserver l’anonymat, a été condamnée pour avoir publiquement « dénigré une personne qui est un objet de vénération », à savoir Mahomet, d’une manière « susceptible de susciter une indignation justifiée ». Il lui a été reproché d’avoir déclaré que Mahomet « aimait le faire avec des enfants » car celui-ci s’était marié avec une fille de six ans et avait consommé ce mariage lorsqu’elle n’avait que neuf ans. La conférencière notait que cela posait problème dans la mesure où « le plus haut commandement pour un homme musulman est d’imiter Mahomet », ajoutant plus généralement que « les musulmans entrent en conflit avec la démocratie et notre système de valeurs ».

    La conférencière s’exprimait devant une trentaine de participants lors d’une conférence intitulée « Connaissances élémentaires de l’Islam ».

    Elle a été condamnée à payer 480 euros ou à purger une peine de soixante jours d’emprisonnement, alors même que ses propos reposent sur des faits que la tradition musulmane elle-même estime avérés et dont la diffusion, dans un contexte politique, participe au débat public.

    L’affaire est à présent devant la Cour européenne des droits de l’homme qui devra choisir entre la liberté d’expression et la répression du blasphème.

    L’ECLJ agit depuis plus de dix ans auprès des Nations unies et du Conseil de l’Europe contre la tentative de l’Organisation de la Conférence Islamique d’imposer en droit international un délit de blasphème, aussi appelé délit de « diffamation de l’islam ».

    Pour l’ECLJ, les libertés de religion et d’expression sont complémentaires, et il n’existe pas de droit, pour les croyants et les non-croyants, à ne pas faire l’objet de critiques. Seules les insultes, calomnies et obscénités gratuitement offensantes ainsi que les propos incitant à une violence immédiate peuvent être restreints. Tout autre propos – surtout lorsqu’il s’appuie sur des faits réels – doit pouvoir être librement exprimé.

    Soutenez la liberté d’expression, signez la pétition !

  • Lucrezia Fava

    Settembre 3, 2016

    Eccomi di nuovo, Prof. 🙂 Stavolta le segnalo un articolo sul tema amato e sofferto della libertà d’espressione, in particolare sul senso, i limiti e le possibilità della satira: http://www.glistatigenerali.com/relazioni/la-vignetta-di-charlie-hebdo-spiegata-a-mia-madre/
    Un caro saluto, L.

    • agbiuso

      Settembre 3, 2016

      Cara Lucrezia, l’autore dell’articolo chiarisce bene alcuni elementi importanti per comprendere le vignette che Charlie Hebdo ha dedicato al terremoto nell’Italia centrale. Vignette che a me sembrano brutte nella forma, ma il punto non è questo.
      Si tratta invece di altro:
      – la satira non è la parodia; quest’ultima compiace il potere, cosa che fanno Crozza e tanti altri attori comici;
      – “in tutti i Paesi sviluppati ad eccezione dell’Italia un terremoto di 6.2 non ti uccide”;
      – “questo voleva dire Charlie Hebdo: che quei morti non sono morti di terremoto. Sono morti di Italia”;
      – la vera infamia è quella di un ministro della Repubblica e di un servo del potere che definiscono il terremoto ‘occasione di rilancio dell’edilizia e del Prodotto Interno Lordo” ( https://www.youtube.com/watch?v=SQRW04CyVyM ). La vergogna e lo scandalo più grave consistono nel fatto che il servo è ancora in RAI e il ministro è ancora ministro.
      La ringrazio quindi per aver arricchito il sito con le sue segnalazioni e di avermi dato l’occasione di esprimere qualche ulteriore considerazione.

      • Lucrezia Fava

        Settembre 4, 2016

        Grazie a lei, Professore, dell’efficacissima sintesi (di questa e di quella con cui mi ha risposto in Come europei).
        Per questa vignetta ho visto persone non soltanto indignarsi ma anche giustificare la violenza della vendetta fisica (ad esempio dei genitori che hanno perso i loro figli sotto le macerie), provando ancora una volta e senza volerlo quanto siamo lontani, anzi impermeabili, alle idee di Spinoza e alle istanze dell’illuminismo radicale, alle fondamentali parole : “io credo che la libertà di espressione non debba avere alcun limite, poiché appena si cominciano a porre dei confini, rischia di essere prima o poi cancellata”. “Siamo”, vale a dire noi della specie capace di argomentazione e di cultura – evidentemente entro ben ristretti limiti di cui i più ignorano del tutto o dimenticano a convenienza il senso.

  • agbiuso

    Aprile 10, 2015

    Da Televideo, 10.4.2015, 2,16

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    Il parlamento ucraino ha approvato a larga maggioranza (254 a favore su 307 presenti) un progetto di legge governativo che mette sullo stesso piano comunismo e nazismo vietando i loro simboli, la loro propaganda e la negazione del loro carattere “criminale”.
    Per i trasgressori sono previsti sino a 5 anni di reclusione.
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    E quindi chi in Ucraina dovesse pubblicamente negare che il comunismo è stato ed è un crimine va in galera.
    È la conferma di quanto più volte ho rilevato: quando si cominciano a inserire le questioni storico/storiografiche nel codice penale, non si sa dove si possa andare a finire.
    O meglio, lo si sa benissimo: nella verità di stato, nelle inquisizioni, nelle eresie, nel silenzio. Perché c’è sempre qualche tesi che per alcuni è un ideale e per altri è un crimine.
    Ribadisco dunque la posizione di Spinoza: vanno penalmente punite determinate e precise azioni, mai le parole, qualunque esse siano.

  • agbiuso

    Febbraio 27, 2015

    Il totalitarismo islamista disprezza ogni concezione politeistica del mondo. L’ISIS distrugge la memoria della Mesopotamia e non lo fa con le parole. C’è da piangere. Li odio.

  • agbiuso

    Febbraio 18, 2015

    Sembra che Bandar al-Khaibari, studioso (o teologo) islamico abbia pubblicamente sostenuto -davanti a degli studenti- che la Terra sta ferma e il Sole le gira intorno.
    Un’affermazione che secondo me, e tanti altri, è gravissima e costituisce una vera e propria bestemmia contro la ragione umana.
    Che cosa facciamo? Lo denunciamo? Invochiamo qualche Codice Penale? Gli tagliamo la lingua?
    No, naturalmente. Anche la libertà di espressione di quest’uomo è da garantire. Le sue affermazioni si confutano da sole. Non c’è bisogno di giudici, di leggi e di armi.

  • agbiuso

    Febbraio 12, 2015

    Passo dopo passo verso la scienza di Stato, verso la sostituzione del dibattito storico con il codice penale. Come in Unione Sovietica, come in 1984.
    Quando il Parlamento italiano delibera (quasi) all’unanimità, vuol dire immancabilmente che si tratta di una legge sbagliata.

  • agbiuso

    Febbraio 2, 2015

    Come immaginavo, sorvegliare e punire.
    Intervento di Laura Ferrara, deputata europea del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni.

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    Il Grande Fratello sta arrivando. Lo stanno cucinando a fuoco lento approfittando cinicamente della tragedia di Charlie Hebdo. Il modus operandi è sempre lo stesso: subito dopo un attentato, grazie alla pressione dei media, il cordoglio viene trasformato in paura. Qualche settimana dopo, quando gli occhi di stampa e tv si spostano su altro, arrivano le misure liberticide. E’ successo così all’indomani dell’attentato delle Torri Gemelle con il Patriot Act firmato da George Bush e scritto da CIA e FBI. Adesso il copione si ripeterà: i prossimi appuntamenti saranno il prossimo 29 e 30 gennaio a Riga con la riunione dei ministri europei degli Interni e il 9 febbraio con quella degli Esteri.

    L’attacco alle libertà e il controllo sociale.
    Ecco cosa bolle in pentola: via alle restrizioni sul controllo delle conversazioni telefoniche, chat, e-mail, cartelle cliniche, transazioni bancarie. Aumenteranno le misure di controllo nell’utilizzo di internet. Per non incutere timore e scoraggiarne l’uso, l’utente non si accorgerà di essere sorvegliato. Sono chiare e inequivocabili, d’altronde, le parole del coordinatore Ue anti-terrorismo Gilles De Kerckhove che, in Commissione Libertà Civili del Parlamento europeo, ha detto: “l’Unione europea deve trovare misure sottili per mantenere la sorveglianza di Internet”.

    La direttiva sul PNR.
    Dietro la direttiva sullo scambio dati dei PNR (passenger name record) si nasconde una limitazione dei diritti fondamentali. Il PNR è un registro degli spostamenti che aggrega molti dati sensibili come i movimenti e le abitudini alimentari dei cittadini. Durante la scorsa legislatura questo provvedimento era stato già discusso e bocciato dal Parlamento europeo. Oggi, cavalcando l’onda emotiva della tragedia di Charlie Hebdo, tutti i dubbi manifestati in precedenza vengono messi sotto al tappeto.
    Per il Movimento 5 Stelle questa è la strada sbagliata. Oltre che dannosi, questi controlli sono inutili. Ogni giorno nascono circa trenta applicazioni di scambi messaggi e voce che possono essere installate sui cellulari. Come possono le forze dell’ordine monitorare ogni singola informazione che passa nel mare magnum delle nuove tecnologie?

    Il Patriot Act europeo.
    Per qualcuno interrogatori di garanzia, udienze preliminari, autorizzazioni preventive di giudici imparziali sono una perdita di tempo e un ostacolo per la giustizia. Non bisogna trasformare lo Stato di diritto in uno Stato di polizia. Il Patriot Act Made in Usa è stato un provvedimento normativo affrettato, incostituzionale e inefficace. Se i principi fossero copiati in Europa, il risultato sarebbe un controllo minuzioso del cittadino comune, mentre il terrorista troverà sempre delle soluzioni alternative, delle vie di fuga per sfuggire ai controlli. L’Europa non può rinunciare ai suoi valori fondanti: sarebbe paradossale limitarli o reprimerli in conseguenza di un bilanciamento di interessi che vedrebbe primeggiare la sicurezza sui diritti fondamentali.

    Oggi il terrorismo è transnazionale.
    Le armi usate per Charlie Hebdo sono state comprate in Belgio e usate in Francia. I terroristi si erano esercitati in Yemen e avevano lottato in Siria. Misure nazionali, prese per soddisfare qualche opinione pubblica affamata di vendetta, non avrebbero nessuna efficacia perché è facile aggirarli in un mondo già globalizzato. C’è chi propone di superare il Trattato di Schengen e controllare le frontiere interne all’Europa. Anziché sprecare energie e risorse per vigilare sulle proprie frontiere, il Movimento 5 Stelle propone di controllare quelle esterne all’Unione, riuscendo così contemporaneamente a evitare e prevenire tragedie permanenti come quelle di Lampedusa.

    Le proposte del Movimento 5 Stelle.
    Le forze di polizia degli Stati membri devono dialogare e cooperare. Nel recente caso di Charlie Hebdo, se i terroristi avessero preso la strada per l’Italia, anziché verso il Belgio, al confine sarebbero passati indisturbati perché le autorità italiane non erano state messe al corrente. Nel controllo delle informazioni su internet, bisogna prestare maggiore attenzione sulle reti parallele, quegli strumenti di comunicazione anonima (tipo TOR) dove si nasconde il mercato nero di armi e droga. A proposito di armi…Se si bombarda per il petrolio, non ci si può lamentare dopo delle conseguenze. A una azione corrisponde una reazione. Ecco perché i Paesi europei devono cambiare politica estera e di difesa.

    Fonte: 5 Stelle Europa

  • Angelo Palazzolo

    Gennaio 26, 2015

    Egr. prof. Biuso,
    mi è stato indicato il Suo articolo come un esempio di pensiero liberalista e illuminato. L’ho letto con attenzione e, nonostante sia con Lei nelle premesse del discorso, non ne condivido le conclusioni. Anzi, LA CONCLUSIONE. Lei conclude affermando perentoriamente che “la libertà di espressione non debba avere alcun limite” e adduce come giustificazione quella che, in realtà, è solo un’ipotesi di rischio: appena si cominciano a porre dei confini, [la libertà] rischia di essere prima o poi cancellata.
    Le espongo le mie perplessità in due punti, legati tra loro.
    1.
    Questo rischio che Lei paventa non mi sembra si sia verificato nel divenire storico delle società – cosiddette – occidentali. È innegabile che, praticamente in tutte le società di tradizione giudaico-cristiana, la libertà di espressione, di culto, di costume, di orientamento sessuale e così via, nel corso della storia, è viepiù aumentata. E, La invito a riflettere, che questo non è successo grazie ad un totale sdoganamento della libertà di espressione, ma piuttosto grazie ad una CULTURA LIBERALE che ha però posto dei limiti alla libertà d’espressione, in particolar modo introducendo (in tutti gli ordinamenti giuridici nazionali di mia conoscenza) un qualche tipo di “delitto di oscenità”. In questo modo, i limiti posti dalla nostra società ad una libertà di espressione “totale” sono stati spostati, in modo lento, ma continuo e crescente (e senza strappi), in direzione liberale. Ciò ha evitato ed evita che, ad esempio, una satira oscena a sfondo religioso provochi un’indignazione tale da portare ad eventi di cronaca ben noti e, anche se non si arriva a ciò, provoca comunque un sentimento di rivalsa, vendetta, rabbia e anche odio da parte di chi si sente offeso (in questo caso i musulmani) verso coloro ai quali viene imputata l’offesa (i cristiani). Cosa si considera osceno lo definisce in modo intelligentemente elastico il nostro legislatore con una formula (art.529 c.p.) che fa capo al “comune sentimento” e che quindi si lega al naturale sviluppo storico e socio-culturale di una società.
    2.
    Se Lei, come afferma all’inizio del Suo articolo, considera l’homo sapiens un animale simbolico, come può poi non vedere nell’offesa simbolica una violenza medioevale? È universalmente condiviso che nessuno ha la libertà di prendere a schiaffi un’altra persona, però estremizzando (ma neanche tanto) il Suo ragionamento sarebbe lecito offendere i simboli religiosi che, per alcuni, rappresentano la parte più intima, più alta e più importante della vita. La libertà di offendere simboli sacri non presuppone forse che gli esseri umani si spoglino di tutta la loro sensibilità facendosi scivolare addosso ogni cosa che non sia meramente meccanica (tipo un pugno in faccia)? E in che maniera una società di questo genere si concilierebbe con l’essere “simbolico” dell’uomo?
    In nessun modo sto sostenendo un limite alla critica o all’espressione di nuove o vecchie idee per quanto bislacche e/o repellenti possano sembrare alla maggioranza di noi, perché è la facoltà critica insieme alla creatività umana che hanno portato al progresso scientifico, filosofico, morale e così via, per cui, che ci sia completa libertà di dissertare e speculare su ogni dimensione dello scibile umano. Tuttavia questa legittima libertà totale verso le IDEE non può e non deve trasformarsi in una libertà di espressione tout court.
    Per esemplificare e concludere: che ben vengano (si fa per dire) i negazionisti della shoah, i teorici delle razze superiori e inferiori, gli adulatori di satana, i sostenitori della relazione sessuale tra Gesù e Maddalena e così via, ma personalmente mi piacerebbe vivere in un mondo dove nessuno possa pubblicare impunemente immagini comiche di ebrei seviziati nei campi di sterminio o di Gesù che ha un rapporto orale con Maometto o altre libere espressioni che offendono il comune sentimento di cui parlavo sopra, che non è né obiettivo, né definitivo ma che, proprio per questo, garantisce il continuo espandersi dell’ambito dove la libertà di espressione può muoversi minimizzando il rischio di seminare odio sociale e di spingere chi non si sente tutelato dall’ordinamento a sentirsi LIBERO di farsi giustizia da sé.

  • agbiuso

    Gennaio 23, 2015

    Condivido per intero le argomentazioni di Ian McEwan, storicamente documentate e colme di buon senso.

    =========
    Senza libertà di parola la democrazia è una finzione
    di Ian McEwan, la Repubblica 23.1.2015

    Una metropoli come Parigi, Londra o New York ospita dieci milioni di persone in un’area non più estesa di un tipico ranch americano. Se la cittadinanza fosse tutta di un’unica razza, religione e mentalità, il problema della libertà di parola potrebbe anche non presentarsi mai. Nella realtà moderna però un città può ospitare in qualche ettaro tutte le razze del pianeta, qualunque concezione politica, religiosa e esistenziale. Si può essere convinti che i propri testi sacri corrispondano esattamente alla parola di Dio abitando a un tiro di schioppo da chi non si professa neppure ateo: la questione dell’autorità soprannaturale non si pone proprio, interessa quanto l’esistenza di religioni estinte come il culto di Thoth, Frigg o Apollo.
    Dai loro diversi templi le religioni fanno quotidiano esercizio di blasfemia l’una contro l’altra. Gesù è il figlio di Dio? Non per i musulmani. Maometto è l’ultimo messaggero di Dio sulla terra? Non per i cristiani. L’universo si può spiegare o esplorare meglio secondo la cosmologia basata sulla fisica, lasciando Dio da parte? Non per i musulmani o i cristiani.

    Chi si farà garante della pace? Non la religione. La storia europea ci rammenta che all’epoca in cui il cristianesimo viveva il suo massimo splendore totalitario pre illuministico e poi il suo massimo scisma, l’intolleranza nei confronti di piccole diversità fu causa, come nel caso della Guerra dei trent’anni, di barbarie e carneficine di dimensioni terrificanti. E di persecuzione, tortura e terrore, dalla condanna al rogo di William Tyndale per aver tradotto la Bibbia in inglese, allo scandalo dell’inquisizione spagnola e, in reazione, a sconvolgenti barbarie a spese dei cattolici. L’Islam, dal Pakistan all’Arabia Saudita e altri paesi del Golfo, dall’Indonesia alla Turchia e all’Egitto, sta vivendo in questa fase una propria versione di totalitarismo.

    Leggiamo quotidianamente di torture, carcerazioni e condanne a morte ai danni di musulmani che vogliono abbandonare l’Islam o quanto meno metterlo in discussione. Vengono puniti per aver violato i codici islamici di apostasia e blasfemia, passibili di ampie interpretazioni. In Pakistan, i politici usano le leggi contro la blasfemia come armi letali. In Egitto un insegnante è stato in carcere per tre anni per aver parlato a lezione di altre fedi religiose. In tutto il Medio Oriente il cristianesimo e il zoroastrismo sono scacciati dalle loro terre d’origine. In Turchia la libertà di stampa è oggetto di continui attacchi da parte dei conservatori religiosi. I regimi autoritari arabi fanno un uso cinico e strumentale della legge della Sharia per bloccare l’opposizione politica. Boko Haram e l’Is, con la loro intolleranza assurda e terribile, portano all’esasperazione le prassi di alcuni stati dando vita a un incubo. In Arabia Saudita, sede dei più venerati santuari dell’Islam, l’apostasia comporta la pena capitale. Il più recente, brutale, atto di repressione saudita contro la libertà di parola – la condanna a mille frustrate e dieci anni di prigione – mostra lo spregio delle autorità per l’Islam come religione di pace, ed ha provocato in tutto il mondo un’ondata di disgusto, in alcuni casi espresso esplicitamente da parte musulmana.

    Nelle città dell’Occidente, ampiamente stratificate di razze e religioni, il solo garante della libertà di culto e della tolleranza universale è lo stato laico. Esso rispetta tutte le religioni in seno alla legalità e crede a tutte – o a nessuna. La differenza è trascurabile, perché non tutte le religioni possono corrispondere a verità. Il principio di libertà di parola è fondamentale. Il prezzo da pagare è l’offesa occasionale. È lecito pretendere che l’offesa non conduca alla violenza o a minacce di violenza. La ricompensa è la libertà per tutti di badare ai propri affari nella pratica lecita del proprio credo.

    La libertà che consente ai redattori di Charlie Hebdo di fare satira è la stessa libertà che consente ai musulmani di Francia di praticare il loro culto e di esprimere apertamente le loro opinioni. Il credente non accetta questa doppia faccia della libertà. La libertà di parola è dura, fa rumore, a volte ferisce, ma quando è necessario far convivere una simile pluralità di opinioni non lascia alternative, se non l’intimidazione, la violenza e l’aspro conflitto tra comunità. La libertà di parola non è mai esagerata. Non è un lusso che si permettono i giornalisti e i romanzieri. E non è assoluta. Le limitazioni che le si impongono (ad esempio per circoscrivere il campo d’azione online dei pedofili) devono essere frutto di leggi approvate in seno a istituzioni democratiche.

    Ma senza libertà di parola la democrazia è una finzione. Tutte le libertà che possediamo o vorremmo possedere (inclusa la parità dei sessi, la libertà di orientamento sessuale, l’habeas corpus e il giusto processo, il suffragio universale, la libertà di associazione – e così via) sono frutto di pensieri, parole e scritti liberi. La libertà di parola, di dare e ricevere informazioni, porre domande scomode, di ricerca accademica, di critica, di fantasia, di satira – l’interscambio dell’intera gamma delle nostre capacità intellettuali, è la libertà che fa esistere tutte le altre. La libertà di parola non è il nemico della religione, è il suo nume tutelare. È grazie alla sua presenza che Parigi Londra e New York sono piene di moschee. A Riyadh, dove è assente, le chiese sono vietate. Oggi come oggi chi importa una Bibbia lì rischia la pena di morte.

    Traduzione di Emilia Benghi

  • diego

    Gennaio 20, 2015

    siamo pronti alla società orwelliana

    Secondo me hai totalmente ragione, nel senso che è così. Anzi non è che siamo pronti, ci siamo proprio dentro. Però avrei una piccola notazione sul verbo «siamo».
    Ovviamente qui porto la mia concezione dell’umanità, con tutti i suoi limiti.
    Karl von Frisch, nel suo magnifico saggio sul linguaggio delle api, spiega che solo il 10% delle api è esploratrice, porta innata curiosità e senso del rischio, mentre il 90% segue le indicazioni ricevute e non devia dai percorsi consolidati.
    Così anche gli umani, secondo me. La tendenza all’esser conformi è tipica della maggioranza, tanto che questo è uno dei problemi insolubili della democrazia (vedi Ortega y Gasset).
    Dopo queste orrorose frasi, prometto che per un po’ non disturbo le tue, da me amate, pagine.

  • agbiuso

    Gennaio 20, 2015

    Certo, nella libertà ci sono dei rischi. E che cosa a questo mondo è privo di pericoli? Volere una società senza rischi significa volere il culmine della società totalitaria.
    Marx insegna che la storia la fanno i rapporti di produzione -la struttura- e non le parole -la sovrastruttura. Ma non è questo il punto. Il punto è che il rischio del controllo poliziesco e giuridico applicato alla scienza (Galileo e innumerevoli altri), all’arte (Goebbels, Ždanov e innumerevoli altri inquisitori e preti), alla storiografia (gli esempi citati dalla comunità degli storici italiani e innumerevoli altri), alla filosofia (innumerevoli), tali rischi sono infinitamente più grandi di quelli dati dalla libertà di espressione.
    Sinceramente, caro Diego, dover ribadire simili banalità mi addolora e soprattutto mi preoccupa molto. Perché vuol dire che siamo pronti alla società orwelliana.

  • diego

    Gennaio 20, 2015

    Caro Alberto, quel che scrivi in risposta all’intelligente domanda del Luca, è senz’altro condivisibile, anche se mi pare di ravvedere un perimetro definito, sotteso, in questa libertà di espressione. È, del resto per uno studioso comprendo che è fondamentale, l’ambito culturale, scientifico, filosofico. Ma quel che mi sovviene è invece una domanda, che ad un filosofo si puo’ porre perchè è un soggetto in grado di comprenderla. C’è un confine davvero preciso fra la parola e l’azione? Sicuramente c’è in moltissimi casi, ma quando la parola si fa tentativo di incardinare una prassi, non è essa parte dell’azione? Il mai tramontato barbuto di Treviri, scriveva parole perché restassero parole, o non voleva forse che la sua filosofia agisse, scardinasse rapporti concreti di produzione, spingesse ad un’azione che non voleva rimanere solo nelle parole? Spero la mia domanda sia chiara, carissimo Alberto, nel limite che tutte le parole hanno nell’acciuffare il pensiero.

  • agbiuso

    Gennaio 20, 2015

    Gentile Luca,
    ho replicato in quella maniera perché la precisa risposta alla sua precisa domanda era già presente nel mio testo e nell’ampia discussione che ne è scaturita. Altro è articolare meglio la questione, come lei sta facendo adesso.

    La libertà di pensiero non è un diritto o una concessione del potere ma è una facoltà naturale degli esseri umani. L’autorità può impedire l’espressione del pensiero ma non il pensare in quanto tale. Almeno sinora, anche se nella società mediatica, unanimistica e orwelliana verso cui a grandi passi ci avviamo tale libertà va scemando sempre più. Su questo punto io sono d’accordo con Spinoza e con quanti hanno creato la libertà politica in Europa: far sì che i cittadini pensino una cosa e siano costretti a dirne un’altra è ragione di ipocrisia e sedizione, elementi pericolosissimi per la pace sociale e forieri di violenza collettiva.

    Sul negazionismo dei campi di sterminio nazionalsocialisti la questione non è il suo contenuto ma se chi lo sostiene debba essere messo in carcere, come è accaduto in alcuni Paesi.
    Io credo che tutte le questioni filosofiche, scientifiche, religiose, storiografiche, debbano rimanere nell’ambito della lotta intellettuale e non debbano mai entrare nel Codice Penale. Una tesi metafisica, scientifica, religiosa, storiografica va o lasciata alla propria assurdità oppure combattuta sullo stesso terreno. Far intervenire su simili questioni il potere giudiziario e le polizie è semplicemente un abominio.
    Ed è esattamente ciò che tutte le Inquisizioni, il Nazionalsocialismo, lo Stalinismo, l’ISIS praticano.
    Contro l’ipotesi di prevedere anche in Italia il carcere per i negazionisti si è espressa in modo deciso la comunità degli storici, in un documento che le consiglio di leggere: Contro il negazionismo, per la libertà della ricerca storica, nel quale viene tra l’altro affermato:

    «Sostituire a una necessaria battaglia culturale, a una pratica educativa, e alla tensione morale necessarie per fare diventare coscienza comune e consapevolezza etica introiettata la verità storica della Shoah, una soluzione basata sulla minaccia della legge, ci sembra particolarmente pericoloso per diversi ordini di motivi:
    1) si offre ai negazionisti, com’è già avvenuto, la possibilità di ergersi a difensori della libertà d’espressione, le cui posizioni ci si rifiuterebbe di contestare e smontare sanzionandole penalmente.
    2) si stabilisce una verità di Stato in fatto di passato storico, che rischia di delegittimare quella stessa verità storica, invece di ottenere il risultato opposto sperato. Ogni verità imposta dall’autorità statale (l’“antifascismo” nella DDR, il socialismo nei regimi comunisti, il negazionismo del genocidio armeno in Turchia, l’inesistenza di piazza Tiananmen in Cina) non può che minare la fiducia nel libero confronto di posizioni e nella libera ricerca storiografica e intellettuale.
    3) si accentua l’idea, assai discussa anche tra gli storici, della “unicità della Shoah”, non in quanto evento singolare, ma in quanto incommensurabile e non confrontabile con ogni altro evento storico, ponendolo di fatto al di fuori della storia o al vertice di una presunta classifica dei mali assoluti del mondo contemporaneo».

    Sottovalutare simili rischi significa avviarsi lestamente alla barbarie. Che cosa accadrebbe se lei rischiasse il carcere per la domanda che ha posto (o per qualunque altra)? O se rischiassi io il carcere per la risposta che le ho dato (o per qualunque altra)?

  • Luca

    Gennaio 20, 2015

    Mi dispiace, caro Professore, che abbia risposto in modo un po’ piccato ad una semplice domanda che avevo posto qualche giorno fa.
    Avevo letto le Sue considerazioni sulla libertà di espressione assoluta da Lei propugnata, ma semplicemente non ero e non sono convinto che la questione possa essere risolta semplicemente ponendo tale dogma, senza porsi dubbi ulteriori.
    Avevo quindi proposto un caso emblematico in cui tale libertà non viene generalmente consentita, né sul piano teorico dei princìpi né su quello pratico delle sanzioni giuridiche.
    Tutto qui. Prendo atto (se non ho frainteso la Sua risposta) che anche tale ipotesi rientra nel Principio Assoluto da Lei affermato.

    A me però restano numerosi dubbi, tra i quali (per citarne solo un paio):
    1) l’equiparazione tra la libertà di pensare e quella di parlare (e perché, allora, non anche di agire? non è forse vero che a volte, come si afferma comunemente, la lingua ferisce più della spada?);
    2) ammettere poi il ricorso ai tribunali da chi si sente “personalmente insultato”, non significa per l’appunto riconoscere che la libertà utilizzata da qualcuno ha oltrepassato i confini di ciò che è lecito? O stiamo forse discutendo solo del principio che FISICAMENTE (senza tappare la bocca altrui, o in altro modo) non sia giusto limitare la libertà di espressione degli altri? In quest’ultimo caso, penso che potremmo essere tutti d’accordo, ovviamente.

    Cordiali saluti

  • agbiuso

    Gennaio 18, 2015

    “I musulmani non credono nel concetto di libertà di espressione” ha dichiarato l’imam inglese Anjem Choudary.
    Non ne dubitavamo. E tuttavia se è stato arrestato soltanto per aver detto che “onorare il Profeta è una questione di vita o di morte, la punizione per questo tipo di offese è la sentenza capitale” io credo che questo arresto sia un errore, che anche un imam fanatico e truce abbia diritto di dire ciò che gli pare.

  • agbiuso

    Gennaio 18, 2015

    Segnalo l’analisi di Giulietto Chiesa sui fatti di Parigi.
    Non ne condivido alcuni passaggi e lacune ma nel coro unanimistico del mainstream mediatico mi sembra utile un pensiero che coniuga Mossad e Société du Spectacle e che soprattutto indica (come sostengo sin dall’inizio) il vero obiettivo di rafforzare il sistema di controllo e diminuire le libertà anche in Europa.

  • Enrico Galavotti

    Gennaio 17, 2015

    Se la concezione che tu hai della satira fosse stata quella dello staff di Charlie non avrei avuto problemi ad accettarla. Come nessuno di noi in genere ha problemi ad accettare quella di Forattini, di ElleKappa, di Vauro, di Striscia la notizia, ecc. Ma così non è. Quella di Charlie appare, almeno stando alle cover che puoi vedere in Google, del tutto gratuita, fuori luogo, assurdamente esagerata… In Italia avrebbe subito mille denunce: in rete esiste un pool di avvocati cattolici che vanno a caccia di siti che irridono il papa, proprio per poterli querelare.
    Da noi Forattini subì una ventina di denunce da Craxi, Occhetto, D’Alema ecc. e lui se ne è sempre vantato, perché così può far la parte del perseguitato. Ma le querele non le pagava lui. E in ogni caso non ci si può trincerare dietro la satira pensando di poter dire qualunque cosa. Ovidio si pentì mille volte d’averlo fatto, ma Ottaviano lo lasciò morire in esilio. Chi non è capace di autolimitarsi, è destinato a pagarne le conseguenze, in un modo o nell’altro. Lenin diceva che la libertà d’espressione trova un limite nella libertà d’associazione.

  • diegod56

    Gennaio 17, 2015

    «Prendere in giro uno come Hitler, che s’è chiaramente comportato come una persona disumana ed è stato condannato dalla storia, non può destare riprovazione»

    Buon Galavotti, in effetti, lo scrivo come notazione psicologica, a me il video ha suscitato una sensazione esattamente opposta, perchè il «prendere in giro» è a suo modo un avvicinare, un addomesticare, un giocare assieme, un «macchiettizzare», quindi se posso avere delle riserve le ho in senso opposto

    comunque, io credo che la satira dovrebbe essere, in ogni caso, proprio quella «zona franca» dove si puo’ andare sopra le righe, dove appunto ci si toglie le corazze e si danza insieme col nemico, con l’antagonista

    quel che mi fa paura del nostro tempo è che non si puo’ più scherzare, non si puo’ più ridere

  • diego

    Gennaio 16, 2015

    «Hitler catanese è da schiantarsi.»

    sì, sì

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 16, 2015

    Hitler catanese è da schiantarsi.

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 16, 2015

    Due cose:
    1.
    – Pillez Brunetière! il a tout dit!
    – Il a dit que la littérature , toute serait dévorée!
    – Mai par qui Maître?
    -Par les charlatans!
    Celine, Rigodon – Folio pag 20

    Ed è quello che questa assai poco strisciante guerra di religione, ma le religioni sono sempre in guerra datosi il fatto che non si sopportano tra loro, renderà presto palese. Almeno credo. Qualcosa succederà e non sarà piacevole.

    2.
    In Monsieur Verdoux Chaplin fa dire all’imputato Verdoux che il distinguo tra assassinio e sterminio è puramente quantitativo… ma è meglio ascoltarlo da lui..

    E infine, semplificando

    .il numero legalizza e dunque secondo il signor Galavotti il numero di fedeli nel mondo legalizza la loro sensibilità per lo sterminio degli altri o, in alternativa, il tappargli la bocca. Ebbene sorge una domanda spontanea ed è, Perché il signor Galavotti invece di infastidire chi è già infastidito da questi tempi bui non scrive le sue cose sulle pagine di Opus Dei Italia

    L’opus dei è una buona organizzazione fascista, seguita da milioni di persone; infatti è legale.

    In termini più spicci direi diversamente. Ma, per rispetto alla casa del nostro ospite lascio al signor Galavotti, se ne ha, di mettere in moto la propria immaginazione.

    Cordialidades P.

  • agbiuso

    Gennaio 16, 2015

    «Quella di Charlie è volgare, triviale, oscena, pornografica e, per questo motivo, poco intelligente, rozzamente provocatoria, offensiva per miliardi di persone che in buona fede credono in ciò che loro denigrano»
    Condivido in parte questo giudizio. E allora? Chiediamo la chiusura per legge di Charlie Hebdo? Multiamo i suoi autori? Li mettiamo in galera? O, peggio, intendi dire che quelli di Charlie Hebdo ‘se la sono cercata’ («E’ troppo facile fare le vittime quando ci si espone in questa maniera alla reazione altrui»)? 

    Io non sono ateo e una notevole quantità di ciò che si scrive e si vede in giro è ai miei occhi «volgare, triviale, oscena, pornografica e, per questo motivo, poco intelligente, rozzamente provocatoria, offensiva». Da tutto questo non mi sento rispettato nella mia persona, nella mia visione del mondo, nelle mie opinioni. Ho diritto pertanto a chiederne la censura? Se un giornale, un libro, un film non piacciono o da essi ci si sente offesi, basta ignorarli, non leggerli. Tanto più se si tratta di un giornaletto satirico che stava per chiudere e che per opera di alcuni assassini fanatici è diventato il giornale oggi più conosciuto al mondo.
    Comunque, Galavotti, continui:
    -a non rispondere alle mie numerose, precise e circostanziate domande sulla pratica della censura e del controllo;
    -a trascurare la distinzione spinoziana -fondamentale- tra le azioni e le parole;
    -a ribadire richieste di sorveglianza sulla manifestazione delle opinioni;
    -a difendere le opinioni vincenti e sostenute da miliardi di persone, legittimando invece il disprezzo e la satira verso gli sconfitti chiunque essi siano -«i condannati dalla storia»- e quindi ammettendo che alla fine è soltanto questione di forza, di potere, di armi (aveva proprio ragione Céline: «Ci fosse stato qui per esempio l’Hitler a vincere, c’è mancato un pelo, vedreste ve lo dico io l’ora attuale, che sarebbero tutti per lui…a chi che avrebbe impiccato il più di ebrei, chi che sarebbe stato il più nazi…tirato fuori l’entragna a Churchill, portato in giro il cuore strappato a Roosevelt, fatto il più di tutti l’amore con Goering…» Rigodon, Einaudi 2007, p. 268)
    -a ignorare che io difendo la libertà di parola di Charlie Hebdo e la libertà di parola di chi -come Dieudonné M’Bala M’Bala- critica il coro di Je suis Charlie;
    -a mostrare contrarietà al principio della libertà di espressione.


    Mi hai convinto: è l’ultima volta che inoltro interventi a difesa della censura. Non ne ospiterò più, né tuoi né di altri lettori. Al di là di tutto, questa non è una piazza né un giornale ma uno spazio privato. Ci sono troppi luoghi dove chi ha paura della libertà può esprimersi. Un barlume di fasto non è fra questi.

  • Enrico Galavotti

    Gennaio 16, 2015

    Prendere in giro uno come Hitler, che s’è chiaramente comportato come una persona disumana ed è stato condannato dalla storia, non può destare riprovazione, per quanto non sia questo il modo migliore per comprendere un fenomeno come il nazismo (solo il fatto ch’egli si dichiarasse “socialista” dovrebbe indurci a riflettere seriamente).
    Il video che ci hai invitato a guardare è un’ottima satira, che se anche offende i neonazisti, non troverà nessuno disposto a difendere quest’ultimi.
    Qui stiamo parlando di una religione in cui attualmente crede il 24% della popolazione mondiale (in Europa, compresa la Russia, il 6%). Se vogliamo considerare gli islamici come un tempo facevamo con gli ebrei, dovremmo prima di tutto dare un’occhiata ai numeri: paesi come Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna hanno in casa loro oltre 13 milioni di islamici. Rispettare questa gente conviene anzitutto a noi stessi. E non sarà rispettandoli che noi verremo meno alle nostre idee ateistiche.

  • Enrico Galavotti

    Gennaio 16, 2015

    C’è satira e satira. Quella di Charlie è volgare, triviale, oscena, pornografica e, per questo motivo, poco intelligente, rozzamente provocatoria, offensiva per miliardi di persone che in buona fede credono in ciò che loro denigrano. E’ troppo facile fare le vittime quando ci si espone in questa maniera alla reazione altrui.
    Questa gente, che si vanta d’essere figlia di Voltaire e di non avere nel proprio paese il reato di blasfemia, non capisce che il giorno in cui fossimo tutti costretti a diventare islamici, diffonderemmo l’ateismo anche indossando panni islamici, e ci sentiremmo figli di Avicenna e di Averroè e di tanti altri intellettuali islamici che diffondevano idee ateistiche all’interno della loro religione. E in ogni caso non usciremmo dai binari della correttezza, non rinunceremmo al rispetto delle opinioni altrui.

  • agbiuso

    Gennaio 16, 2015

    Ho letto, qui e altrove, che bisogna rispettare le convinzioni religiose, politiche, ideologiche di tutte le persone, senza offenderle utilizzando il sarcasmo. A partire da questo principio, credo dunque che un video come quello che propongo (e innumerevoli altri) debba essere censurato o almeno fortemente deplorato. Esso infatti offende certamente in modo grave le persone che apprezzano Adolf Hitler, il quale oltretutto -contrariamente a quanto racconta la satira del filmato- era un vegetariano.

    Hitler catanese

  • agbiuso

    Gennaio 15, 2015

    Da Charlie Hebdo: la nostra satira è una barzelletta rovesciata
    di Ascanio Celestini, il Fatto Quotidiano, 15.1.2015

    Mi sono venuti in mente quei commentatori e quei politici che sminuiscono la satira che li deride dicendo “a me non fa ridere”. E infatti non serve a far ridere una vignetta di Wolinski o di Vauro come non faceva ridere la Modesta Proposta di Swift.
    Un certo modo di utilizzare la satira nella letteratura, nel teatro, nel cinema, nella pittura… (da Beckett a Buñuel, da Kafka a Dalì,…) risiede nella capacità di rivoltare il tavolo attorno al quale siedono giocatori di carte apparentemente pacifici e mostrare che sotto sono appuntati i coltelli. La genialità di vestire il re con abiti invisibili per mostrarlo nudo al popolo.
    […]
    Attraverso la satira si mostra uno sguardo rovesciato sul mondo e sul linguaggio attraverso il quale cerchiamo di dirlo. La scrittura si serve dello sguardo satirico per dire che l’essere umano è debole e per stare dalla parte degli umani bisogna scegliere la debolezza, bisogna ridere rovesciando le barzellette. I forti sono quelli che uccidono. Loro (con il Kalashnikov o con i bombardamenti chirurgici) sono disumani.

  • agbiuso

    Gennaio 15, 2015

    Da Televideo:

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    Francia, 19 mila siti web sotto attacco
    15/01/2015 14:30

    Negli ultimi quattro giorni, 19mila siti internet francesi sono stati attaccati da hacker islamisti. Lo afferma il sito specializzato in sicurezza informatica ZatazMag. La cifra è stata confermata anche dal vice-ammiraglio Arnaud Coustillière, ufficiale generale per la cyberdifesa dello Stato maggiore, che ha garantito la serietà della fonte.
    =============

    
Ecco, questi ‘hacker islamisti’ condividono l’idea che di tutto è lecito parlare anche in modo sprezzante -di romanzi, film, filosofie, miti, teorie scientifiche e quant’altro- ma non delle fedi monoteistiche.
    Questa differenza di trattamento a me sembra semplicemente abominevole e foriera -come scrisse Spinoza- di molte violenze.
    Perché tra le innumerevoli visioni del mondo, concetti, idee, opere, credenze dell’Homo sapiens le religioni monoteiste dovrebbero essere poste fuori dalla critica e finanche dal sarcasmo?
    Perché irridere Platone o Nietzsche è un diritto e irridere Gesù o Maometto è bestemmia? ‘Scherza coi fanti e lascia stare i santi’? È questo il livello della discussione? È un livello che disprezzo.

  • diegod56

    Gennaio 14, 2015

    Il tema è interessante, caro Alberto, ho rispolverato (sia in senso figurato che reale) un testo dei miei giovani anni, ormai lontano dal mio percorso attuale, ma comunque di grande rilevanza

    «Per dirla in breve, l’individuo cessa di essere se stesso; adotta in tutto e per tutto il tipo di personalità che gli viene offerto dai modelli culturali; e perciò diventa esattamente come tutti gli altri, e come questi pretendono che egli sia. Il divario tra “me” e il mondo scompare, e con esso la paura cosciente della solitudine e dell’impotenza. Questo meccanismo puo’ essere paragonato alla colorazione che assumono certi animali. Somigliano talmente al loro ambiente che li si puo’ appena distinguere. La persona che rinuncia al suo io individuale, e che diventa un automa, identico a milioni di altri automi che la circondano, non deve più sentirsi sola e ansiosa. Ma il prezzo che paga è alto; è la perdita del suo io.»
    (Erich Fromm, Fuga dalla Libertà, Mondadori 1984, pag. 149

  • agbiuso

    Gennaio 14, 2015

    Come avevo previsto -era facilmente prevedibile- si cominciano ad arrestare le persone che non sono d’accordo, gli «anders Denkenden».
    Attaccare con le parole l’Islam è libertà di espressione, attaccare con le parole chi attacca l’Islam -come fa ad esempio Dieudonné M’Bala M’Bala– merita il carcere.
    Saranno soddisfatti tutti coloro -da qualunque parte provengano- che chiedono il controllo delle parole, che hanno paura. Quella paura che del potere è il vero nucleo, il combustibile, la garanzia.

  • Enrico Galavotti

    Gennaio 13, 2015

    Il problema è che la religione non è merda. Sarà superstizione e alienazione, sarà clericalismo o fanatismo, ma in genere, se la si vive in maniera umana, così come i vari fondatori l’hanno voluta, essa non merita d’essere ridicolizzata o sbeffeggiata. Io mi senso contrario all’abolizione del reato di vilipendio. Il diritto di blasfemia mi pare un’assurdità. Anche perché non voglio inimicarmi, solo perché sono ateo, milioni di persone che, in buona fede, credono in buddha, allah, jeova o jahvè. E’ opportunismo? No, perché sono disposto a dialogare, anche se mi rendo conto che farlo in maniera scientifica con uno che mi parla di una cosa che per me non esiste, sia molto difficile. Semmai mi metto a discutere di problemi sociali, ambientali, culturali, senza chiamare in causa l’atteggiamento nei confronti della religione. Non c’è bisogno di fare gli anticlericali per distinguersi dai credenti. Non possiamo rischiare di veder aumentare i credenti solo perché ci siamo presi la libertà di fare della satira contro le loro convinzioni, quelle per quali, peraltro, sarebbero disposti anche a farsi ammazzare. Andando avanti di questo passo rischiamo di creare nuove guerre di religione, che ovviamente noi occidentali useremo come pretesto per qualche altra ambizione imperialistica.

  • agbiuso

    Gennaio 13, 2015

    Ecco un altro luminoso esempio che viene da Israele.

    Da Televideo
    ===============
    Israele, giornale cancella donne da foto
    13/01/2015 17:25

    Nella storica foto che ritrae una quarantina di leader mondiali in prima fila alla grande marcia di Parigi, pubblicata dal quotidiano israeliano conservatore HaMevaser, non ci sono donne.
    Sono state cancellate con photoshop la Cancelliera tedesca Merkel, il sindaco di Parigi Anne Hidalgo,la responsabile Esteri della Ue Federica Mogherini e la premier danese Helle Thorning-Schnidt.
    Tra i primi a notare il trucco, il sito Walla.com, al quale hanno fatto seguito le critiche di molti commentatori anche israeliani.

  • diego

    Gennaio 13, 2015

    Caro Alberto, sono commenti di frequentatori, ognuno col suo retroterra. Onestamente puo’ anche sfuggirmi qualche espressione «sopra le righe», per il fatto che io controllo solo espressioni su persone, su nomi, fatti rilevanti in termini penali o civili. Il mio sito è un territorio di confine, un posto dove si incontrano persone molto diverse, credenti, atei, liberisti puri, marxisti puri, reazionari e libertari. Io ho le mie idee (sempre in elaborazione e mai finite) ma mi piacciono quelle molto diverse dalle mie, stimolano la mia mente ad elaborare risposte. La filosofia «deve» dar fastidio, altrimenti è solo un bel soprammobile o, ancora peggio, un succedaneo del prozac. Segnalami, mi regolerò se il caso, anche se le opinioni dei commentatori non rispecchiano necessariamente le mie. A volte certi conviene ignorarli e nonc ensurarli, perchè altrimenti alimenti il loro vittimismo, è dura con i cosiddetti trolls.

  • agbiuso

    Gennaio 13, 2015

    Caro Diego, ti ringrazio per l’apprezzamento che sempre confermi verso ciò che dico e che scrivo.
    Vorrei però esser chiaro: dove trovi nelle frasi che hai citato un appiglio -anche minimo- contro la libertà di espressione? Se c’è un principio al quale sono rimasto fedele dalla prima elementare a oggi è proprio la libertà di parola: Spinoza, Nietzsche a altri non hanno fatto che confermare questa idea ‘innata’ 🙂
    Quando parlo della necessità delle istituzioni lo faccio anche e soprattutto come strutture che debbono difendere il singolo dal dominio del gruppo familiare, etnico, religioso, che è quasi sempre una forma di prevaricazione. Ti assicuro che è questo che penso quando scrivo; se tu lo intendi in altro modo, vuol dire che la prossima volta dovrò cercare di essere più chiaro. Almeno in questa discussione spero comunque di esserlo.

    Tornando al presente: tu ricordi il titolo di Carlo Levi per il quale «le parole sono pietre». Tralasciando il fatto che quel titolo non c’entra nulla con la questione della libertà di espressione, mi trovo costretto a dirti una cosa. Sul tuo sito personale compaiono di tanto in tanto dei giudizi critici, anche molto critici, nei confronti della filosofia. Giudizi dai quali mi sono sentito spesso ‘soggettivamente offeso’. Quando ad esempio -in altri luoghi- mi capita di sentire quella orrenda e cretina filastrocca ‘La filosofia è quella cosa…’ mi sento davvero colpito da una pietra. Ora dunque ci sono tre possibilità:
    – riconoscere il diritto da parte di chiunque di disprezzare la filosofia, anche senza fornire spiegazioni;
    – sentirmi offeso e non frequentare più il tuo sito
    – chiederti formalmente di cancellare quei giudizi e di impedire che in futuro ne vengano pronunciati di simili.
    In base alle mie idee la scelta giusta è la prima, in base alle tue -‘le parole sono pietre’- è la terza. Cercando di venire incontro alle tue posizioni, ti chiedo dunque formalmente di cancellare dal tuo sito i giudizi lesivi della filosofia, di non permettere che se ne enuncino altri e di informarmi quando lo avrai fatto.
    Grazie.

  • diego

    Gennaio 13, 2015

    Carissimo Alberto, sempre per me le tue parole sono fonte di riflessione profonda. Le prendo sempre sul serio, le affronto e mai le butto nel cestino del «lasciamo perdere».

    Ci sono alcuni passi dei tuoi libri che hanno contribuito al formarsi delle mie opinioni, come ad esempio l’abbandono d’ogni roussoviano ottimismo sull’uomo.
    Purtroppo qua nel mio ufficio non ho «Antropologia e Filosofia» che è per me essenziale in queste riflessioni.

    Ripartiamo da «Contro il ’68» che per fortuna ho qui sul tavolo. Premetto per chi non lo ha letto che nell’ultima edizione hai in parte ritrattato certe tesi (questo va specificato per correttezza)

    pag. 118:
    «La straordinaria dovizia delle culture, delle organizzazioni socio-economiche, delle visioni del mondo, si rapprende nelle istituzioni. In esse tale ricchezza si esplica e al suo interno muta. Nelle istituzioni la natura culturale e tecnica dell’uomo diventa vita. Certo esse sono sempre instabili, a volte violente verso le aspirazioni dell’individuo, incombenti sul suo quotidiano con tutta la forza dell’oggettivo. E tuttavia senza le istituzioni resterebbe solo il “libero esplicarsi di una naturalità terrificante, poiché la debolezza della natura umana, qualora forme rigide non la proteggessero da se stessa, assume un volto assassino”»

    La citazione è dal grandissimo Gehlen. Notare il tuo stile di scrittura, elegante, nitido, come si fa a non amare i tuoi scritti? Ma al di là dello stile, io da queste idee traggo conforto alle mie idee di uomo meno colto ma lettore attento.

    Poi ancora, non posso citare a memoria, ma in «Antropologia e Filofofia» c’è un chiaro riferimento alla «Paidéia» platonica, cioè la formazione culturale profonda ed indispensabile per formare le persone che debbono guidare la Pòlis.

    La libertà dunque non è insita nell’umano, ma, quella vera è frutto di studio, attenzione, ascolto dei Maestri. Solo una cultura «alta», senza compromessi, puo’ evitare l’orrore delle dittature d’ogni specie, formando coloro che, non per potere ma per servizio, debbono guidare la comunità.

    Questo è il mio pensiero, tu sei un mio maestro, caro Alberto, e io amerò sempre la tua scrittura, inegualiabile.

  • agbiuso

    Gennaio 12, 2015

    Pasquale, non ci crederai. Ho saputo che tra i manifestanti per la “libertà di stampa” c’era a Paris anche Viktor Orban, capo del governo ungherese e tra i massimi odiatori della libertà in genere e di quella di espressione in particolare.
    E c’erano pure alcuni capi degli emirati arabi filo-Usa, quelli che alle donne non permettono neppure di guidare.
    Consiglio la lettura di un articolo di Jacques Cotta –Après les meurtres de “Charlie” et de “l’Hyper Casher”, réactions recueillies dans la rue…Pour les libertés, contre toute tentative de manipulation!– del quale riporto un brano.

    ==========
    De fait, la grand-messe des chefs d’états acheminés en autocars loin devant les manifestants, puis évacués pour déguster petits fours et autres « remontants » dans un salon feutré, n’aura rien eu à voir avec une tête de manifestation suivie dans l’enthousiasme et l’insouciance.

    Le casting par lui-même s’est révélé être un grand handicap pour les récupérateurs de tout poils. Quoi de commun en effet entre les partisans de la liberté d’expression et les représentants aussi divers que le premier ministre hongrois Viktor Orban qui contraint les journalistes à organiser des grèves de la faim pour dénoncer les lois liberticides. Quoi de commun avec les représentants de l’Egypte, de la Russie, de la Turquie (qui regarde les kurdes à sa frontière combattre seuls les troupes de Daesh), de l’Algérie ou des Emirats arabes unis dont les pays en matière de liberté de la presse sont rangés respectivement à la 159ème, 148ème, 154ème, 121ème et 118ème place sur 180 par Reporter sans frontière. Quoi de commun entre toutes ces personnalités conviées par le président de la République à faire le déplacement et les valeurs qui fondent notre république. Quoi de commun entre ces valeurs de Liberté, égalité, fraternité, laïcité proclamées par les millions rassemblés et les états théocratiques amis de la France, présents aux côtés du président de la République, le Qatar, l’Arabie Saoudite, ou autres alliés des fondamentalistes, les états voyous, riches de finances et de pétrole ? Quoi de commun entre bon nombre de figures présentes et notre république, les lumières, les droits de l’homme, la liberté ?

  • agbiuso

    Gennaio 12, 2015

    Sì, Pasquale, a quanto sembra il massacratore dei palestinesi non era stato invitato ma si è invitato da solo. Respingerlo? Impossibile. E allora hanno invitato anche il moderatissimo presidente di ciò che resta della ‘Autorità Nazionale Palestinese’.
    “Vittime a Denominazione d’Origine Garantita’ è bellissima.

    Travaglio ha argomentato qui sui nuovi e stupefacenti difensori della libertà di satira in casa altrui: Charlie Hebdo e la libertà di satira: i servi furbi

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 12, 2015

    Sintìti sintìti sintìti

    p.s. a margine: la strage di Parigi ha colpito Israele: è la nuova versioni dei fatti che viene lento pede accreditata. Le super vittime, quelle vere, quelle a denominazione di origine garantita sono solo quelle con la kippala. Nettie la volpe era stato invitato a non farsi invitare a Parigi ma non si lasciato sfuggire l’occasione. Hollande voleva farsi coinvolgere nell’affaire israelo palestinese ma a quel punto ha invitato Mazen. Ma porco mondo..Oops ho offeso la sensibilità della natura naturans? Censura censura.
    Abbracci

  • agbiuso

    Gennaio 12, 2015

    Eh sì, caro Pasquale e amici tutti, il risultato era prevedibile sin dall’inizio: richieste su richieste di sicurezza e di controllo.
    Sorveglianza, repressione, conformismo. Per gli Stati è una manna, per loro se gli islamisti non esistessero bisognerebbe inventarli.
    Sterminando degli anarchici blasfemi in nome di Allah, quei soggetti hanno dimostrato la loro vicinanza al potere vero, quello che detiene le armi e sorveglia le parole.
    Anche l’interessante ed emblematica -ma per me anche triste- discussione nata su questo sito a commento di Libertà di espressione mostra per quali ragioni coloro che intendono sottomettere le coscienze -che siano preti o tiranni- ci riescono così facilmente.

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 12, 2015

    Postilla: la mia sensibilità è ferita a morte solo dal ricordo di ciò che fu fatto a Ipazia. Preciso che fu tagliata a pizzini con i gusci delle conchiglie. Ignoro se fu sottoposta a quella che con rara perfezione la Yourcenar definì la violenza d’uso.
    È ferita a morte la mia sens. dalla pubblicità dei pannolini, è offesa in modo assai grave a volte da un nutrito e poco nutriente sciocchezzaio cattolico. Ma il mondo è ( potrebbe essere) bello finché (se) è (fosse) vario. E tranquillo. Ahimé l’olimpo è pieno di demoni oltre che di dèi, i quali…bè s’è visto che cosa combinarono a Troia.
    P.

  • agbiuso

    Gennaio 12, 2015

    Georges Wolinski aveva disegnato anche una storia di Pinelli e di Piazza Fontana, che fu pubblicata nel 1972 da A Rivista anarchica.

  • agbiuso

    Gennaio 12, 2015

    Ovviamente c’è anche qui un «atteggiamento autoritario travestito da garanzia collettiva», ma è inevitabile che accada. Chi è l’uomo «astratto» che puo’ permettersi di giudicare dal di fuori? Chi è che è fuori da qualunque consesso umano da poter giudicare senza esser portatore di una tradizione, di una weltanschauung prodotta dai rapporti culturali in cui è stato cresciuto?

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    E quindi, caro Diego, a partire da tale enunciato vanno non soltanto giustificati ma senz’altro sostenuti dispositivi come quelli della Pace di Augusta (1555) secondo cui «cuius regio eius religio» e quindi chi non condivideva la confessione cristiana del sovrano doveva andare via dai luoghi in cui era nato per trovare un’altra tribù cristiana le cui idee condividesse; dispositivi come quelli del nazionalsocialismo che riteneva i ‘non ariani’ portatori di una Weltanschauung incompatibile con quella del Reich e quindi giustamente obbligati o ad andarsene dalla Germania o a essere eliminati in forza della ‘garanzia collettiva’ della Germania stessa; dispositivi come quelli fascisti che ritenevano gli antifascisti -liberali, socialisti, comunisti che fossero- incompatibili con la ‘tradizione’ di grandezza della Nazione italiana; dispositivi come quelli dello stalinismo che riteneva nemici del popolo tutti coloro che non condividevano le decisioni assunte per il bene dell’URSS dal Politburo; dispositivi come quelli del maccartismo statunitense che riteneva assolutamente contrari alle garanzie collettive, alle tradizioni, allo spirito del popolo americano e ai «rapporti culturali in cui è stato cresciuto» tutti quegli artisti, filosofi, intellettuali, scrittori che avessero qualche simpatia per le idee socialiste?

    Giustificare e sostenere tali dispostivi a me sembra aberrante ma dato che difendo la libertà di espressione, anche la tua, credo che tu abbia diritto a pensare e a dire che «ovviamente c’è anche qui un ‘atteggiamento autoritario travestito da garanzia collettiva’, ma è inevitabile che accada. Chi è l’uomo ‘astratto’ che puo’ permettersi di giudicare dal di fuori? Chi è che è fuori da qualunque consesso umano da poter giudicare senza esser portatore di una tradizione, di una weltanschauung prodotta dai rapporti culturali in cui è stato cresciuto?».

  • diego

    Gennaio 12, 2015

    «Contro ogni atteggiamento autoritario travestito da garanzia collettiva, penso che tale libertà debba essere garantita a qualunque idea, anche a quella che -secondo i criteri di una determinata società- appare la più ‘aberrante’»

    Questo, caro Alberto, è il passaggio chiave della tua tesi. Ovviamente chi non è d’accordo su questo punto, non puo’ condividere il resto.
    Secondo me è, nella realtà dell’incardinarsi storico e biologico degli umani eventi, impossibile uscire da una qualche forma di atteggiamento autoritario espressione delle forme sociali dentro alle quali ci si trova. Prendiamo una società primordiale, quella dei dei Pigmei, studiata mirabilmente dal grande Cavalli Sforza. Sono tribù piccole e abbastanza pacifiche, a chi è litigioso (ognuno ha il suo carattere innato) la tribù riserva il trattamento dell’esclusione. Se trova un altro gruppo bene, altrimenti deve adeguarsi per essere riammesso. Ovviamente c’è anche qui un «atteggiamento autoritario travestito da garanzia collettiva», ma è inevitabile che accada. Chi è l’uomo «astratto» che puo’ permettersi di giudicare dal di fuori? Chi è che è fuori da qualunque consesso umano da poter giudicare senza esser portatore di una tradizione, di una weltanschauung prodotta dai rapporti culturali in cui è stato cresciuto? Io penso, è la mia idea, che la libertà d’espressione come noi la conosciamo è una conquista bellissima, ma non è la libertà «pura» dell’uomo astorico, è il portato della rivoluzione borghese dell’89. Insomma, secondo me è ingenuo cercare una libertà avulsa dalla vicenda umana biologica, storica, nel drammatico e incessante rimestarsi del calderone della storia. Caro Alberto ecco il mio pensiero. Un pensiero tragico e probabilmente sbagliato, ma ognuno stende al sole i panni che ha.

  • agbiuso

    Gennaio 12, 2015

    Sarebbe bastato leggere il mio testo di partenza e la discussione che ne è seguita per trovare la risposta a questa domanda.
    Se si chiedono “riflessioni approfondite”, la prima condizione è -almeno- quella di leggere tali riflessioni.

  • Luca

    Gennaio 12, 2015

    Il tema mi sembra davvero MOLTO delicato, e merita senz’altro riflessioni approfondite.
    A chi difende la libertà di esprimere QUALUNQUE IDEA O GIUDIZIO, vorrei chiedere una cosa che mi ha sempre lasciato molto perplesso: va difesa, a Vostro giudizio, anche la libertà di chi nega l’esistenza dei campi di sterminio in Germania ai tempi del nazismo?

  • agbiuso

    Gennaio 11, 2015

    Hai perfettamente ragione, Pasquale: “Inutile riconfermare che asserire in generale l’intoccabilità dei temi religiosi a partire da una presunta e presumibile sensibilità soggettiva dunque non commensurabile che si fa sensiblerie pruriginosa quando non patologica, è appunto di fatto prevaricazione”.
    La mia “sensibilità soggettiva” avrebbe infatti lo stesso diritto di lamentarsi delle continue e innumerevoli offese linguistiche, concettuali e storiche che vengono rivolte dai monoteisti alla tradizione pagana. Potrei quindi chiedere la censura delle opinioni antipoliteistiche che mi offendono? Vale a dire la censura di gran parte della bimillenaria cultura cristiano-islamica? La censura dei capi religiosi che tali offese esprimono tuonando contro “gli idoli e gli dèi falsi e bugiardi”? La censura delle masse che a tali capi si affidano e che da secoli feriscono i pagani -con le parole e non soltanto con le parole- allo stesso modo in cui ad Alessandria fu massacrata dai cristiani la filosofa neoplatonica Ipazia? Posso chiedere a tutti costoro di non offendermi più? Posso chiedere di rispettare il mio credo pagano senza più ritenerlo falso, ridicolo, portatore di dannazione e di menzogna?

    Concludendo la mia riflessione avevo scritto di temere che tutto questo si trasformi «in un’ulteriore occasione per ‘sorvegliare e punire’ ».
    Ecco una conferma: Charlie Hebdo, se il fine giustifica i mezzi: contro il terrorismo la Francia sceglie la censura online.
    Un passo verso la psicopolizia di 1984.

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 11, 2015

    Condivido in parte la precisazione di Enrico Galavotti per quanto dice del laicismo. Infatti rido molto degli atei dell’UARR e io stesso sono così ateo da non credere all’ateismo. Infine credo con fermezza che ciascuno di noi abbia, se è in equilibrio con se stesso, una pars religiosa, persino un’anima, nel senso di Jung. Ma la questione è un’altra. Ed è militare. Nessuno di noi credo avrebbe trovato da ridire se la comunità islamica si fosse costituita parte civile e avesse fatto causa un giorno o l’altro a CHbdo. Cioè se avesse affermato un diritto quello a sentirsi offeso e alla difesa della propria dignità. Conosco CHbdo da quando si chiamava HARTA KIRI e garantisco che il mio naturale snobbismo ne è stato spesso infastidito. Infatti smisi già allora di acquistarlo esattamente come butto via le vignette antiarabe che mi manda mio zio lepenista dal sud ouest della Francia. Il punto a mio avviso è però qui cioè che qui hanno assassinato una ventina di persone per vendicare il nome offeso di Allah. In parole povere non c’è rapporto di causa ed effetto e infine si crede che l’uso del kala come afferma l’assassino del supermercato sia legittimo. DI fatto è lo stesso modo di pensare di Nethaniahu. Mi pare infine che sia utile ricordare che piccoli borghesi, operai diseredati e marginali assortiti in Germania all’indomani della crisi del capitalismo del ’30 furono lì a ingrossare le fila dell’uomo che indicava gli ebrei ricchi quali usurpatori. Diventare nazisti allora era piuttosto probabile mi pare. Mi scuso per tre interventi di fila. Saludos P.

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 11, 2015

    Ah, a latere, osservo che già si sta trasformando il senso dell’azione in altro, antisemitismo. L’uomo offensivo di adesso, il terrorista dell’intelletto, proclama che siamo tutti charlie, ebrei ed europei. P.

  • Pasquale D'Ascola

    Gennaio 11, 2015

    Carissimi, non ho niente da aggiungere alle già così impeccabili note di Alberto e di Dario. Ho ascoltato peraltro da Milano alcuni simpatici giovani muslim, italiani, che con gentilezza manifestavano ieri anche loro per la nota faccenda. Magnifico e importante perché è la prima volta che credo succeda, però però però interrogati sul tema se sia o non sia consentito irridere pubblicamente la religione, tutti tutti tutti con il loro faccino pulito da teen ager occidentali hanno confermato, attenzione di preciso come i papa boys o certi di CL, che no la religione non si tocca, bisogna rispettare la sensibilità altrui, dicono. Inutile riconfermare che asserire in generale l’intoccabilità dei temi religiosi a partire da una presunta e presumibile sensibilità soggettiva dunque non commensurabile che si fa sensiblerie pruriginosa quando non patologica, è appunto di fatto prevaricazione. Non i riesco ad aggiungerle qui alcune immagini viste nel Fatto quotidiano cui rimando

    Francia. si cita Rousseau. Qui è Nantes. L’approccio è radicalmente illuminista

    Italia-Milano si trascina una non bene identificata pace per strada. La pace ecumenica che piace a tutti e non tocca nessuno.

    Egitto- ecco il tema centrato più di un bersaglio, una vignetta libanese dice Je pense (un uomo con la sua testa al suo posto)donc je ne suis plus( lo stesso uomo con la testa mozzata)

    Oggi a Parigi ho visto di sfuggita un omino con un gran cartello che proclamava, cito a memoria perché l’ho visto otto secondi.
    L’assolutismo capitalista e religioso ci divide
    ll pensiero l’arte il buon senso ci uniscono.

    È tutto da Lecco, cordialità, over and out.

  • Enrico Galavotti

    Gennaio 11, 2015

    Io penso che non si possa fare del laicismo un’altra religione, fanatica e intollerante. Non si può fare della libertà di critica il pretesto per offendere le convinzioni altrui, dileggiandole, schernendole, solo perché vengono ritenute superate dalla storia. Questo non è laicismo, ma imperialismo culturale, arroganza ideologica, fanatismo alla rovescia, peraltro di derivazione cattolica e protestantica.
    La laicità deve dimostrare sul piano umano e democratico d’essere migliore di qualunque religione: non può pretendere di dirsi migliore di per sé, in maniera ipostatizzata, perché questo è appunto un atteggiamento di tipo religioso.
    Abbiamo criticato moltissimo, in occidente, l’ateismo-scientifico propagandato nell’ex-socialismo reale: e ora vogliamo ripetere lo stesso errore? Peraltro nell’Europa dell’est era vietato istigare all’odio e alla violenza per motivi religiosi, era vietato offendere i sentimenti o la sensibilità dei credenti in materia di fede: si poteva soltanto fare della critica scientifica. E ora noi che facciamo: siamo più realisti del re? Siamo tornati all’epoca della scristianizzazione di marca giacobina? Lo dico non in riferimento all’articolo di Biuso ma a quelli apparsi nel prestigioso sito di MicroMega: uno del direttore Paolo Flores D’Arcais, l’altro di Raffaele Carcano (segretario Uaar), entrambi dell’8 gennaio. Ho messo una cover di Charlie Hebdo qui https://twitter.com/galarico, giusto per farsi un’idea…

  • agbiuso

    Gennaio 11, 2015

    Caro Dario,
    condivido ogni tua parola e la considero una risposta anche alle osservazioni degli amici che qui hanno commentato o vorranno ancora farlo.
    Le tue argomentazioni, infatti, enunciano con molto equilibrio e chiarezza quale sia l’atteggiamento da tenere verso fanatismi, superstizioni, istituzioni chiaramente nemiche della libertà e -direi- della semplice decenza nello stare al mondo.
    Quando mi sono sentito offeso, profondamente offeso, da ciò che tu giustamente definisci “idiozia della cultura televisiva e massmediatica” ho buttato via il televisore e ho smesso di guardare la televisione.
    Non si tratta di condividere o meno le forme della satira di Charlie Hebdo o di altri analoghi fogli, né di convincere o di illuminare le coscienze (con il rischio del paternalismo missionario) ma di rivendicare -in una collettività umana sin troppo pronta al dominio dei fanatici e dei furbi- il diritto di sorridere e ridere di ogni pretesa di possesso della verità. Amo troppo la verità, per l’appunto, per non vederne la grandezza nella differenza, nello sviluppo temporale, nella conquista passo dopo passo di qualche luce e non in libri e dottrine in cui essa sia contenuta una volta per tutte e una volta per sempre.
    Grazie dunque per le tue parole, che chiariscono quanto ho inteso dire e che arricchiscono questo spazio con la presenza di un vero illuminista.

  • Dario Generali

    Gennaio 11, 2015

    Caro Alberto,

    come sempre il tuo sguardo filosofico coglie l’essenza delle questioni e giustamente sottolinei che la libertà d’espressione non può mai essere messa in discussione, neppure quando appare grossolana, volgare, offensiva e persino chiaramente bugiarda, come nel caso delle teorie negazioniste. Come sottolinei giustamente, esistono i tribunali per difendersi dalle calunnie, quando eventuali falsità potrebbero danneggiare la nostra onorabilità, la nostra immagine e i nostri interessi legittimi.
    Le cosiddette libertà borghesi conquistate dalla stagione illuministica sono imprescindibili per una vita sociale e individuale dignitosa e piena. Le stesse esperienze del socialismo reale, che, in molti casi, sul terreno sociale, hanno conseguito risultati notevoli nel fornire condizioni di vita economicamente dignitose per tutti (nella Russia comunista tutti avevano una casa e un lavoro e gli studenti universitari uno stipendio), sono cadute e stanno cadendo proprio per la loro negazione delle libertà borghesi.
    I principi dell’Illuminismo sono un punto altissimo di approdo della civiltà occidentale e da essi vengono gli aspetti migliori delle nostre società, che non possiamo che desiderare libere, aperte, democratiche e trasparenti, quindi il contrario di qualsiasi forma di governo e di potere autoritaria o intollerante.
    Personalmente credo che un intellettuale, al quale andrebbe il compito di definire forme e modelli della civiltà in cui vive e di operare una costante azione critica sulle sue manifestazioni, dovrebbe seguire uno stile di comportamento e di comunicazione improntato al massimo equilibrio, criticando anche in modo radicale il potere e ogni manifestazione della vita sociale e intellettuale, ma mantenendo una misura che è anche un segno della forza del pensiero razionale. Tuttavia ritengo questo modello una scelta personale, certo non da imporre a chicchessia. Nel mondo esiste la volgarità e la dismisura, esistono le folle vocianti e ignoranti, esistono le mistificazioni religiose e le superstizioni, che personalmente giudico come forme primitive e volgari di pensiero, ma che certo non mi sognerei mai di voler correggere con la forza e, comunque proibire, sin tanto che si limitano alle parole e non si trasformano in azioni coercitive, come, per esempio, purtroppo accade in Italia con le interferenze clericali, che, fra le altre cose, sono ancora in grado di proibire l’eutanasia nel nostro paese.
    Se un giornale o una pubblicazione mi pare volgare o insensata, non la leggo, certo non cerco di proibirla. Al massimo, se mi pare di un livello che meriti di essere considerato, la confuto, ma non invoco la censura, che è il contrario della società libera, aperta, democratica e trasparente che vorrei.
    La volgarità è ovunque e non certo solo in alcune vignette satiriche di giornali e di altre pubblicazioni. E’ nell’idiozia della cultura televisiva e massmediatica, nell’acritica sottomissione al conformismo delle mode di ogni genere, nella superficialità del pensiero quotidiano e nei suoi pregiudizi banali, nella miseria dei valori delle masse e in molti altri aspetti della vita sociale e collettiva. Nessuno si sognerebbe però di proibire banalità, idiozie e volgarità con la forza o di invocare la censura, per esempio, sulla falsità delle religioni di ogni genere o sul linguaggio sgrammaticato e sull’ignoranza di molti politici. Tutto può essere sottoposto anche alla critica più dura, ma, in una società civile, alle parole si risponde con le parole, non con le armi o con la repressione poliziesca.
    Dire che “Charlie Hebdo” era volgare, blasfema, razzista non ha alcun significato rispetto alla difesa del principio della libertà d’espressione, che è un principio astratto, indipendente dai suoi contenuti, come tu hai giustamente sottolineato.
    Difendersi da qualsiasi integralismo è una battaglia chiaramente illuministica. Ieri ci siamo difesi dall’Inquisizione cattolica e dai suoi roghi, dal fascismo, dal nazismo e dallo stalinismo, oggi dobbiamo difenderci dall’integralismo islamico e da ogni forma di nuovi e vecchi integralismi.
    Un caro saluto.
    Dario

  • marina

    Gennaio 11, 2015

    Condivido il commento precedente di Enrico Galavotti (persona che peraltro non conosco). La libertà non è arbitrio di fare o dire qualunque cosa. Ha un limite, ed è la libertà altrui… che è anche libertà di credere a cose che a noi sembrano assurde e prive di senso. Da atea, mi sento personalmente offesa quando vengono ridicolizzati i sentimenti religiosi di chi crede sinceramente. Non è con la satira, con il dileggio, specie se spinto alla volgarità o peggio, che si illuminano le coscienze.

  • Enrico Galavotti

    Gennaio 11, 2015

    Io invece penso che la libertà di espressione (e a maggior ragione quella di satira) debba avere come limite fondamentale il rispetto della persona, delle sue convinzioni etiche, religiose, politiche. Le idee si possono anche criticare ma non si può deridere nessuno né offendere e tanto meno criminalizzare o discriminare.
    Se si vuol fare della satira sulle persone si usi un linguaggio indiretto, metaforico, dei personaggi simbolici, ma non si attacchi direttamente nessuno, meno che mai quelli che non hanno mezzi sufficienti per difendersi.
    E in ogni caso chiunque dovrebbe sapere che la gente si convince meglio dei propri errori quanto meno viene presa in giro.

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